Come descriveresti la reazione
alla notizia che i Queen stanno per tornare in tournée?
Penso che la notizia abbia sbalordito la maggior parte delle persone. Quando ci penso un po’
su, io stesso mi sento di esserlo. È strano per me. Con l’avvicinarsi
del tour, mi sento come se il mio corpo e la mia anima siano stati capovolti. Era il 1986 quando per l’ultima
volta abbiamo fatto un tour a nome ‘Queen’. In seguito, l’ho fatto da solista, ma ora sento dentro me che quell’enorme globo sta per rotolare nuovamente.
Comunque trovo sia una cosa più eccitante che spaventosa.
Perché con Paul Rodgers?
Per anni, non
vedevo una ragione per essere ancora “Queen”. Non riuscivo ad immaginarlo. Poi abbiam suonato qualche brano con
Paul ed è stato come se una porta si fosse aperta nella mia mente. Subito ho pensato che avremmo potuto fare qualcosa
che possa dare alla gente un po’ di ciò che cerca, dirigendoci al contempo verso una direzione nuova. Comincio a chiedermi
perché non c’abbiamo pensato prima.
Ti aspetti di venir fucilato?
Naturalmente. Ho vissuto quasi
tutta la mia vita sotto una pioggia di proiettili. Per quanto mi concerne, è soltanto affar nostro. Quelli che pensano che
odieranno questo tour, fanno meglio a non venirci.
Quando I Queen erano agli inizi,
ti ricordi di aver preso la ferma decisione che tutto dovesse essere decisamente imponente?
Sapevamo di voler massimizzare
ciò che stavamo facendo. Volevamo diventare il tipo di band che volevamo vedere sul palco. Davamo un’occhiata a gruppi
come i Who e i Beatles, vedevamo quant’erano eccitanti e capivamo di voler produrre quel livello di eccitazione e creare
quel tipo di immagine portandola oltre. Fu così sin dagli inizi, ma trovammo il tempo di proporci come band che somigliasse
ai suoi componenti. Il nostro obiettivo fu quello di farsi trovare pronti non appena l’occasione sarebbe arrivata con
un qualcosa di unico e speciale. Abbiamo sempre avuto quest’arroganza sull’argomento.